venerdì 7 settembre 2012

ISOLE MISTERIOSE (con illustrazioni di Sergio Toppi)


Per loro stessa natura, circondate dalle acque e spesso difficili da raggiungere, molte isole sono avvolte dal mistero. Luoghi lontani e favoleggiati, oppure vicini ma impervi, nel corso dei millenni sono stati al centro di voci, leggende, enigmi di ogni tipo. Reali o fantastiche poco importa: nei diari di bordo degli antichi velieri, come nei racconti dei marinai, le isole hanno un posto di primo piano, suscitando meraviglia e paura, desiderio e curiosità. Ben note, e già trattate su queste pagine, sono isole famosissime (per quanto non sempre esistite, o quantomeno provate) come quella di Pasqua o Atlantide, ma i mari e gli oceani di tutto il mondo pullulano di terre lambite dalle acque e di storie a esse collegate. Una miriade di isole in grado di fare concorrenza alle invenzioni letterarie, come l’isola misteriosa di Jules Verne, per suggestioni, pericoli, segreti e stranezze.
Come le isole fantasma, che appaiono e scompaiono rendendone difficile se non impossibile l’individuazione. Leggende? Errori di cartografia? Certamente, ma non solo. La natura beffarda talvolta si diletta nel prendere in giro gli uomini, e i navigatori in particolare, dando forma a isolette effimere, che appaiono e scompaiono con le maree o emergono e si inabissano a distanza di anni grazie a eruzioni vulcaniche. Celebre il caso dell’isola Ferdinandea, formatasi davanti al mare di Sciacca (canale di Sicilia) nel luglio del 1831. Gli attoniti testimoni videro l’isola formarsi nel giro di pochi giorni, 4 chilometri quadrati e 65 metri di altezza, e, mentre diversi stati cominciavano ad accapigliarsi per reclamarne la sovranità (dopotutto di trovava in punto strategicamente rilevante), altrettanto velocemente la videro scomparire qualche mese dopo, sgretolandosi sotto i colpi delle onde. Fece “ritorno” nel 1846 e nel 1863, ma sempre per pochi giorni.
La Ferdinandea, pur esistendo o essendo esistita, non compare su nessuna mappa navale, al contrario alcune sue “colleghe” meno credibili sono state riportate per secoli sugli atlanti. Come due isole del Pacifico, Macy e Swain, inesistenti ma segnate sul Soviet Atlas of the Pacific fino all'edizione del 1974. O come la California, che certamente esiste ma non è un’isola, eppure fu segnalata come tale per quasi tutto il Seicento.
Capitolo a parte è quello dedicato alle isole leggendarie, su cui si sono versati fiumi d’inchiostro senza che nessuno le abbia viste, a esclusione, ovviamente, dei loro scopritori che poi non hanno fatto ritorno o non hanno saputo più ritrovarle.
Il Navigatio Sancti Brendani Abbatis (“Il viaggio dell’abate san Brandano”) è un manoscritto che compare probabilmente tra il IX e il X secolo, oltre duecento anni dopo la morte del monaco di cui porta il nome. Abate benedettino irlandese, Brandano (485–577), a capo di un gruppo di monaci, si sarebbe recato in cerca della Terra Promessa o del Paradiso Terrestre, trovandolo su un’isola al largo dell’Atlantico. Secondo il Navigatio il viaggio durò sette anni e non fu privo di pericoli, con demoni, draghi, serpenti di mare e isole vulcaniche pronte a ostacolare i bravi monaci. Raggiunto il traguardo, Brandano tornò a casa, ma aveva davvero trovato un’isola? E se sì quale isola? Alcuni ipotizzano si trattò di invenzione, altri che aveva trovato l’America (e Cristoforo Colombo conosceva il Navigatio). Questa storia oggi poco nota circolò per tutto il Medioevo, portando a molteplici edizioni della Navigatio e influenzando persino Dante Alighieri. Del Paradiso Terrestre, però, nessuna traccia concreta…
Le isole lontane sono spesso dimora di creature misteriose, mostruose, gigantesche, assassine e quant’altro ancora. Secoli fa risultava difficile se non impossibile controllare le voci diffuse da esploratori e marinai che giuravano di aver visto un po’ di tutto e le cui storie, passando di bocca in bocca, si ingigantivano perdendo di credibilità anche quando nascevano da fatti reali. Emblematico il caso dello struzzo gigante del Madagascar, di cui si è fantasticato tra il 1600 e il 1800. La strana bestia, in pratica un volatile alto tre metri e incapace di volare, è realmente esistito (lo testimoniano fossili e uova), ma l’Aepyornis maximus (così battezzato dagli zoologi) oltre a essersi estinto da tempo è stato di volta in volta dipinto come sempre più grande e pericoloso, diventando persino in grado di sollevare in volo un elefante!
Sempre originaria del Madagascar, ma questa volta totale frutto di fantasia, è la pianta mangia-ragazze. Gigantesco vegetale carnivoro, con tanto di tentacoli, ingoierebbe inermi fanciulle tutte intere. A testimoniarlo è l’esploratore tedesco Carl Liche che nella seconda metà dell’Ottocento avrebbe visto coi propri occhi la pianta all’opera. Nonostante le dimensioni colossali della bugia (più grande della pianta e dello struzzo messi assieme), la storia di Liche venne riportata da vari giornali di mezzo mondo per quasi un secolo.
Se da flora e fauna, immaginaria o meno, ci si vuole spostare nel regno minerale, una bella storia con relativa creatura fantastica arriva dalle isole Marchesi, in particolare da Hiva Oa, nel Pacifico. Si narra che un tiki, ovvero un idolo di pietra, alto 2 metri e 70 e pesante circa una tonnellata, di notte se ne andrebbe a spasso a piacimento, per ritornare alla sua collocazione originale al sorgere dell’alba. Il tiki sarebbe in grado di muoversi grazie al mana, la sua energia spirituale.
Se cercate isole misteriose ma un po’ più realistiche, ve ne segnaliamo un paio che fanno al caso vostro. Una non è molto lontana, si trova infatti nella laguna veneziana. È l’isola di Poveglia, 7,25 ettari disabitati, ma dove ancora resistono vecchi edifici del passato. Ai primi dell’Ottocento, ai tempi dell’epidemia di peste nera, venne utilizzata come lazzaretto, ospitando le vittime del terribile morbo: cadaveri e moribondi. Molti veneziani finirono i loro giorni in quel luogo e si mormora che, ancora oggi, nottetempo si sentano vociare i fantasmi di quegli sciagurati che si aggirano per le costruzioni abbandonate.
Se invece preferite un’isola paradisiaca, puntate dritti verso l’Atlantico e scegliete Tristan da Cunha, un centinaio di chilometri quadrati, territorio d’oltremare del regno Unito. Definita “l’isola più remota del mondo” a causa della sua distanza da altre terre, è una sorta di piccolo paradiso. La popolazione vive in armonia, crimine e disoccupazione sono sconosciuti, se il raccolto di patate o di altri ortaggi per alcune famiglie è scarso la comunità provvede a ripartire equamente l'eventuale surplus di altri coltivatori, mentre solo dal 1999 è stata introdotta la proprietà privata. Unico difetto, i cataclismi (uragani ed eruzioni vulcaniche) che di tanto in tanto colpiscono il luogo. Dopotutto, un’isola che si rispetti un po’ di pericolo, se non di mistero, deve mantenerlo.

1 commento:

illustrAutori ha detto...

Questi sono i post che amo! Bravo Davide!