lunedì 15 ottobre 2007

ROBOT 6


Era abituato, in un certo senso, ai robot in uso sulla Terra, ma i modelli Spaziali erano certo diversi. Non ne aveva mai visti, ma sulla Terra niente era più comune delle storie sui terribili, formidabili automi che lavoravano con sovrumana energia sui Mondi Esterni. Lije si sentì battere i denti.
Lo Spaziale, che l'aveva ascoltato educatamente, disse: - Non sarà necessario. La aspettavo.
Baley tese automaticamente la mano, poi l'abbassò. Abbassò pure la mascella, che sembrava diventata lunghissima. Non riuscì a dire niente, le parole si gelarono.
Lo Spaziale disse: - Mi presento: sono R. Daneel Olivaw.
- Come? Forse c'è un errore. Credevo che l'iniziale...
- Nessun errore, sono un robot. Non gliel'hanno detto?
(…)
- è solo che, vede, lei non sembra un robot - disse Baley con angoscia.
- Questo la disturba?
- Non dovrebbe, D... Daneel. Sono tutti come te, sul tuo mondo?
- Ci sono differenze individuali, Elijah, proprio come fra gli uomini.
- I nostri robot... Be', lo capisci subito che sono robot. Tu sei identico a uno Spaziale.
- Ah, vedo. Ti aspettavi un modello primitivo e sei sorpreso. Ma è logico che la mia gente usi un automa dalle pronunciate caratteristiche umanoidi in un caso come questo. Dobbiamo evitare ogni effetto spiacevole, non trovi?
Era certo così. Se un robot "primitivo" si fosse aggirato con troppa disinvoltura nella Città avrebbero potuto nascere guai.
(Isaac Asimov - Abissi d'Acciaio, The Caves of Steel, 1953)

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